Quando si parla di grani antichi lo si fa perché veramente sono antichi, e non per quell’abitudine cara al marketing per cui evocare una patina di passato sa di genuino e quindi di buono. I grani antichi vengono denominati così perché sono rimasti invariati rispetto all’“evoluzione” vertiginosa che la coltura cerealicola ha subìto nell’ultimo secolo. In Italia, un inizio ideale si può collocare nel 1925, con la “battaglia del grano”. Nell’ottica di rendere l’Italia un paese autarchico, Mussolini dichiarò guerra alle importazioni. E quella del grano era tra le più cospicue. Non ritenendo opportuno aumentare l’area di coltivazione (per non sottrarre terra ad altre colture) si optò per forzare la resa per lo stesso spazio. E la crescita ci fu: da 20 quintali per ettaro alla fine dell’800 agli 80 di oggi.
Le misure adottate diedero vita a varietà di grano ad alti contenuti di proteine e di glutine. Uno dei risultati, forse il più conosciuto, è la varietà del Creso (varietà ottenuta dalla manipolazione del “Senatore Cappelli)” per la sua resistenza a fattori esterni e migliore prestazione in fatto di resa. Però, il processo di modificazione ha comportato anche la maggiore vulnerabilità delle spighe ai funghi e alle erbe spontanee, con il conseguente uso di diserbanti.
Oggi la genetica si spende per migliorare le prestazioni del grano usato nell’industria alimentare; per evitare che il pane si indurisca nel giro di poche ore, per esempio, o che la pasta sopporti meglio le alte temperature di essiccazione, oppure ancora che risponda meglio agli agenti lievitanti (il famoso valore W che indica la forza del glutine è passato dai 60/70W dei grani antichi a 250W per far fronte al gas che producono i lieviti di birra). Nell’epoca attuale, in cui la trasformazione del grano è volta al consumo massiccio, e le ibridazioni hanno dato vita a molteplici nuove tipologie, si contrappone il nome proprio del grano antico. Contro l’anonimato dei grani più usati, l’identità dei grani antichi è forte: si chiamano con il proprio nome, hanno una storia precisa e vengono custoditi dagli “agricoltori custodi”.