Nella giornata di sabato, inaspettatamente nel pieno dibattito mediatico sul nuovo nome attribuito al Ministero dell’agricoltura, abbiamo ospitato il workshop curato da Agroecology Europe sul tema: “Sovranità dei semi: solo un sogno?” che ha visto una partecipazione variegata tra agricoltori professionisti, agronomi e tecnici e, per la nostra felicità, giovanissimi agricoltori alle prime armi.
Una giornata intensa, impegnativa e impegnata, potremmo dire, su un tema così attuale e problematico, ovvero quello della sovranità alimentare. E ci piace ricordare qui, l’origine della locuzione, coniata nel 1996 dall’organizzazione internazionale degli agricoltori, Via Campesina. Ecco alcuni stralci:
«Noi di Via Campesina, movimento in crescita di braccianti agricoli, contadini, organizzazioni contadine e popolazioni indigene di tutte le regioni del mondo, sappiamo che la sicurezza alimentare non può essere assicurata senza la piena considerazione di chi produce il cibo. Il cibo è un diritto umano fondamentale. Questo diritto può essere garantito solo in un sistema in cui è garantita la sovranità alimentare.
[…] Sovranità alimentare significa prendersi cura e utilizzare le risorse naturali in modo sostenibile, in particolare terra, acqua e semi. Noi che lavoriamo la terra dobbiamo avere il diritto di praticare una gestione sostenibile delle risorse naturali e preservare la biodiversità […]».
Sebbene questa dichiarazione sia stata condivisa e adottata da più di 80 paesi nel mondo, nei fatti oggi è negata. Il “diritto a praticare una gestione sostenibile”, e quindi a dare la possibilità all’agricoltore di produrre il “proprio cibo” è proibita, in Italia, dalla legge 1096 del 1971 che afferma che per poter produrre sementi bisogna averne licenza; quindi in sintesi solo una ditta sementiera può produrre semi.
«Il lavoro che i contadini hanno fatto per decimila anni è adesso un’azione illegale, ciò comporta un totale azzeramento della cultura e dei saperi contadini – ha sostenuto Andrea Ferrante, agroecologo e coordinatore di Schola Campesina –.
Il “rapporto simbiotico” tra seme e uomo, così come ama definirlo l’ecologo Rafael Bueno, che nel corso della giornata ha trattato il tema dal punto di vista scientifico, è interrotto dal fatto che l’agricoltore è obbligato ad attingere a ditte private per acquistare i semi. Ditte che fanno a loro volta le loro politiche in tema di varietà immesse sul mercato, fertilità stessa del seme e così via.
“Non ci rimane che piantare grane – afferma Massimiliano Solano, agronomo e presidente della nostra cooperativa – che durante la giornata ha evidenziato come è comunque possibile aggirare la questione a condizione però che l’agricoltore stesso ne prenda piena consapevolezza e attivi delle azioni collettive. È forse questo l’aspetto più difficile: negli ultimi decenni gli agricoltori si sono così abituati ad acquistare da ditte private semi (o piantine già formate), che hanno perso anche la forza di indignarsi davanti a una così evidente ingiustizia”. L’intervento è poi continuato con il racconto della scelta, da parte di Valdibella, di coltivare il Margherito, grano antico siciliano e fratello gemello del Senatore Cappelli che ad oggi rimane “libero” perché non catalogato tra le varietà prescritte (ne avevamo parlato qualche anno fa qui).
La giornata è proseguita in campo, nell’orto curato dall’associazione Aterraterra, composta da Luca Cinquemani e Fabio Aranzulla. Un orto sperimentale che vi abbiamo raccontato qui, nel progetto “Di seme in seme”.
“Il lungo lavoro di raccolta e collezione dei semi riproducibili, della loro germinazione, della semina e infine di creazione di nuove varietà attraverso incrocio – affermano sorridenti Fabio e Luca – ci è stato ripagato dall’enorme soddisfazione di vedere crescere e fruttificare piante bellissime. La varietà prodotte, molto difficili da trovare nel convenzionale, sono state trasformate e immesse nel mercato con un successo inaspettato”.
Una ricca giornata, dunque, grazie all’attivismo di Agroecology europe coordinato da Cristina Laurenti e delle fondazioni che ne hanno sostenuto la fattibilità.
La giornata si è conclusa con l’auspicio che la sovranità alimentare venga difesa ad oltranza e senza storpiature lessicali; quegli –ismi, per intenderci meglio che stravolgono il senso originario delle parole, per dirla insieme a un illustre filosofo tedesco.
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